PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

Premetto che non tratteremo cose di Economia (quella…dei soldi), ma di Economia del “Saper essere”, disciplina per la quale, forse, non ci sono specifici trattati, né modelli di riferimento, bensì solo ed esclusivamente tratti di buon senso da individuare, definire, elaborare, adottare e testimoniare!

In tale contesto, quindi, si ingenera la problematica connessa alle inflazioni. Anche in questo caso, sebbene in analogia con le questioni monetarie, si tratta di inflazioni  della relazionalità e del buon modo di vivere i rapporti con se stessi e con gli altri.

Il concetto di inflazione, è noto, rimanda all’idea dello “scadere di valore” e, quindi di perdita di ciò che intendiamo, in senso lato, per “peso specifico della valenza delle cose, in sé”. Ebbene, il rischio di determinare inflazioni di tipo relazionale e di contesto, in questo nostro tempo (che sociologi e congeneri continuano a definire “di transizione”), resta alto e problematicamente in incremento. Per tali affermazioni, i più attenti, potrebbero reclamare la visione di documentazioni, indagini, analisi e quant’altro, atti a “di-mostrare” quanto affermato. A tali plausibili richieste, una risposta: la verifica, non necessariamente strutturata e formalmente definita, è quella della percezione da parte di chi, per varie ragioni, risulta essere più vigile, in un contesto di relazione viziato e claudicate, nel quale ogni manifestazione dell’altro è sottoposta alle ridondanze delle categorie retoriche più deleterie. Esempio: ogni aspetto delle interlocuzioni è sottoposto ad esagerazioni, riferimenti a modelli standardizzati, all’enfasi dei “sociale” e dei “media” che più insidiano una società che è sempre più massificata ancorchè “di massa” e, sempre meno, “casa comune per tutti e per ciascuno”, bensì “luogo fisico e mentale che ingenera disagio e decadimento”. Tutto qui, inflazione strisciante di ogni cosa: dalle categorie etiche che debordano in forme nefaste di perbenismo ostentato, all’invocazione altrettanto ostentata del diritto alla dignità che diventa giustizialismo di bassa lega e conflitto sociale, dalla prospettiva dei riconoscimento dell’affermazione che diventa maniacale ricorso alle rivalse più assurde e disparate.

Questo è quanto. Di questo passo, che ne sarà di noi tutti? C’e rimedio? Quale? Se si, come attuarlo? Quando?

Pensiamoci. E’ il caso di farlo!