PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

Ordinariamente, il concetto di “Perequazione” si inscrive in ambito contabile/amministrativo, di fatto distante dalla sfera valoriale e delle relazioni umane. Più raramente, l’idea di “Perequazione”, si rende aggettivabile nel perimetro di una sua ulteriore dimensione plausibile: quella etica. Il percorso comunicazionale che renda ancorché possibile la sublimazione lessicale del termine “perequazione”, nel suo diretto passaggio da concetto contabile/amministrativo ad idea valoriale, presuppone la scansione di una serie di implicazioni di ordine morale, sociale e antropologico di non semplice declinazione, né tantomeno di comodo asservimento esistenziale. In altri termini, l’idea complessa (neppure il “concetto”, si badi…) di Perequazione etica, determina la necessità di imbattersi nella difficile determinazione di priorità e scelte, nel loro insieme di connotato prevalentemente morale, tali che, necessariamente, l’ambito della sua (Perequazione etica) relativa dialettica, individuale e/o condivisa, elevi in maniera esponenziale il rischio della deriva verso l’angoscia della paludosa consapevolezza “del sé”, anche in rapporto all’esistenza “dell’altro”.

Perequare sta per “distribuire più equamente” e, per quanto già esposto, perequare eticamente può significare “valutare nell’alveo delle categorie di giudizio”, procedendo così oltre e/o verso scelte di campo che intercettino il piano morale e la dignità di ciascuno, la consapevolezza della caducità dell’uomo che si contrappone alle opposte spinte (in esso connaturate) di sviluppo ed emancipazione, che trova nel “compromesso sociale” un suo più funzionale e fisiologico calmiere emotivo adeguatamente accettabile e condivisibile.

Fatto il preambolo, si richiama la prassi delle relazionalità. Necessita riflettere e stabilire se i rapporti interpersonali, che sono il fondamento della convivenza civile ed affettiva, siano o meno correlati alle dinamiche della categoria valoriale detta, appunto, “Perequazione etica”. E,se lo fossero per davvero (…come è credibile), fino a che punto ed in quali termini si determina tale correlazione? Quale può o debba essere la criteriologia di riferimento nell’ambito del sentire comune?

Questi quesiti apparirebbero di difficile gestione ed ardui da dipanare, se non riferibili alla più elementare equazione della relazionalità, di antica formulazione, che ha trovato la sua primogenitura nell’idea stessa di virtù socratica. Dunque, la soluzione è presto delineata: conosci te stesso. Tutto qui!

Ma, questo, cosa significa? Come si realizza? In che termini si definisce?

Ecco, in nuce,il problema. La soluzione (proiettata): discerni, rifletti, indaga in te stesso e qualcosa di positivo succederà!