PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

Si fa presto a parlare di “Eleganza”. Ognuno ne dà i connotati che meglio ritiene coerenti con quanto il termine voglia significare. Prevalentemente, questa parola la si associa  di più al modo di vestire ed alla qualità dei capi indossati piuttosto che al portamento ed al saper essere.

Da qui, l’idea che l’ ”Eleganza” in quanto tale sia, di fatto, il più adeguato assemblaggio di vestiario, ben assortito e di buona qualità che, se “indossato”, rende elegante la persona che “lo ospita”. E, se questa è la più comune determinazione collettiva del termine, si può ben immaginare che l’“Eleganza” debba per forza di cose perdere la prerogativa della “E” maiuscola dovendo assumere, necessariamente, la “e” minuscola.

Non che l’eleganza nel vestire non abbia potenzialmente i connotati formali ed epistemici che possano elevare tale  concetto a categoria del “saper essere”, poiché è necessario anche  “saper essere” per “ospitare” i capi di qualità (dei materiali e della fattura), ma per il fatto che il riferimento più generale del termine al “vestire” salti  o sottintenda un passaggio propedeutico: il riferimento alla Persona.

E’ ovvio che  “l’abito elegante” sia tale se indossato da una chi “lo sappia anche portare”; è altrettanto ovvio che “saper portare” vuol dire anche “saper essere”… disinvolto, sciolto, non impacciato…socialmente integrato!Ma, a monte, si presuppone la valenza comportamentale che si esplicita nella sua pienezza, anche posturale e relazione, integrandosi (anche) l’abito, appunto “elegante” che sia!
Ed ecco l’essenza del concetto: “abito” non già come mero oggetto di stoffa che quale far comprendere fisicamente  il proprio  corpo, bensì come “habitus”, come costume, come “modo di fare e modo di essere”, come “saper essere”. E, nell’universo concettuale del “saper essere” gravita e prende vigore l’idea  del “saper essere” come categoria etica, come “so vivere in equilibrio con me stesso e con gli altri, insieme agli altri, per gli altri, nel rispetto di me e degli altri”, come assunto dalle plurime valenze che si apprende e si affina, si valorizza  nelle sue potenzialità, come assunto che…diviene e si trasforma, in progress!  

Ciò detto, il riferimento all’utilizzo dell’assunto è presto definito: spetta a ciascuno chiarire e chiarirsi il concetto di “Eleganza”, sintesi delle “Eleganze” che  l’intelligenza, l’educazione e la sensibilità riescono positivamente ad ingenerare, traducendosi in “capitale” di formazione umana e civica. Dopo di che, il mio solito lettore critico e disincantato si potrà chiedere se tutto ciò non fosse già di intendimento comune e  non fosse già “assunto conseguito” dai più! Ebbene, con “Eleganza” gli risponderei che tutto ciò, forse, potrebbe essere stato già acquisito e consolidato, o meglio, sicuramente lo sarà stato, ma che, ahimè, sebbene acquisito, nel nostro  tempo si è dissolto e disperso come una goccia di colore nel mare”! 

E, per tale ragione, l’idea di “Eleganza” spesso si traduce in scadenti performances di esibizioni, verso gli altri, che fisicamente si montano assemblando un capo di abbigliamento ad un corpo, senza poesia, senza sensibilità, perdendo di vista la Persona che sa essere tale. E, soprattutto tra i più giovani, tra coloro che sono nella fase della formazione primaria quali uomini e cittadini, si rende necessario che il concetto di Eleganza non più virgolettato e con la maiuscola si rafforzi e si consolidi, si traduca anche nel fatto che una Persona che possa o meno portare uno straccio addosso, è Elegante di suo, perché lo sa essere!