PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

Chissà se dopo l’enfasi della “Grandeur di maniera” possa ritornare il gusto della giusta misura e dell’apprezzamento delle cose che sono veramente importanti e fondamentali, contro l’esibizione di manierismi ed ostentazioni del vacuo?

Sarà che il “ridimensionamento” è ormai d’obbligo a tutti i livelli per cui, forse, la concretezza si riapproprierà della sua inestimabile valenza? In ogni caso, prendere in considerazione il ragionamento sulle “Piccole/Grandi cose”, quale modello di riferimento per l’accertamento della reale condizione di cose e fatti, è senza ombra di dubbio il viatico più saggio che si possa ripercorrere, per non sbagliare, anzi, per …sbagliare il meno possibile!

Perché questo preambolo? A che cosa è mirato? A dire quale concetto?
Ebbene, la sintesi dell’assunto in questione sta nel titolo: Quelle Piccole/Grandi cose. Certamente, la valorizzazione delle “cose piccole” che nel loro divenire e nel senso del loro susseguirsi, sommandosi, danno luogo alle “cose grandi”, è la chiave di volta. In una società complessa e necessitata alla sinergica azione di pluriattori che contestualmente interagiscono, mossi da piani a loro volta sistemici ed integrati, il conseguimento dei traguardi, anzi dei “grandi traguardi”, non può che passare dalla metodica procedura della sommatoria di “piccoli traguardi”, talvolta anche più piccoli di quanto possiamo immaginare, per potersi così proiettare nella dimensione più auspicabile e funzionale: la fattibilità!

Sicché, gli indicatori della qualità necessariamente debbono discendere dalla sommatoria degli apprezzamenti, parziali ed in successione, pluralmente definiti, dei dati e degli esiti conseguiti, in qualsiasi processo posto in essere. Esempi: per definire con certezza l’attribuzione della valenza di una Nazione oppure l’efficienza di un qualsiasi sistema, basta semplicemente apprezzare il trend di parametri afferenti alle “piccole cose” che, nella loro espansione, diventano “grandi cose”. Come?
Ecco detto, passando per “cose ampiamente condivisibile”, ovvero “cose di buon senso” comprensibili tout court, dalla massaia al cattedratico di turno, che… (esempi banali, ma d’effetto):
l’automobile “funziona” se funzionano tutte le sue parti, da più minuscolo meccanismo di avvitamento di una minuscola vite di supporto del vano motore, alle tenute meccaniche del differenziale; che un vestito per essere “a posto”, deve avere “a posto” sia la cucitura dello zip, sia l’interezza dei suoi bottoni, altrimenti… risulterebbe non inindossabile; che un Comune possa essere annoverato “funzionale” solo se tutti i servizi che esso eroga risultino efficienti; che la qualità dell’operato dei governi di uno Stato è direttamente proporzionale ai livelli di occupazione che in esso si registrano.
Cioè, un’amministrazione statale è funzionale se il numero dei disoccupati si attesta su livelli bassi e/o irrisori. Viceversa, più disoccupati equivalgono a dire che lo standard della qualità della vita è insoddisfacente e che la tendenza della qualità della vita tenda e al degrado sociale! E tanti altri potrebbero essere gli esempi, tanto più semplici, tanto più significativi, nei diversi ambiti, dal rispetto dell’ambiente, alla sicurezza stradale, dalla funzionalità della pubblica amministrazione, all’esaustività del sistema socio/sanitario…

Idem per tutti gli altri sistemi, complessi o no che siano. Vale lo steso concetto: l’insieme è la sommatoria delle parti le quali, se “funzionano”, determinano la funzionalità dell’intero sistema. Sicché, sarebbe auspicabile valorizzare il concetto di “parte” rispetto al “tutto”. Dunque, intervenire per garantire la funzionalità di ogni singola “parte del sistema” per conseguire l’obiettivo della funzionalità del sistema medesimo. E, qui, l’essenza del concetto: individuare i descrittori più semplici, ma significativi, per l’apprezzamento degli esiti. Insomma, pochi e semplici descrittori, comprensibili e condivisi da tutti che segnano le differenze e definiscono i livelli. Descrittori, s’intende, che sono, appunto, indicatori di “piccole cose” rispetto ad altre che potrebbero apparire maggiori e, per questo, effettivamente “importanti”.

Quale la via? Evviva la “ricetta della nonna”: razionalizzazione, riconduzione concettuale all’essenza, sinergia tra sintesi ed analisi, concretezza e fattibilità.

In altre parole: “Semplificazione” e “Riduzione ai minimi termini”. Ma, s’intende, nell’accezione dei Matematici. Non…di altri!