PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

Su iniziativa del giornalista badolatese Domenico Lanciano (detto Mimmo), presso il Centro Polifunzionale della Cultura di Davoli Marina, nel pomeriggio del 21 u.s., ha avuto luogo la celebrazione della Festa del Nome Italia. Principale partner, per l’organizzazione dell’evento, è stata la locale Biblioteca Pubblica (fondata e gestita dall’Associazione dei Vincenziani), presieduta dal Prof. Aldo Marcellino.

Che l’indifferenza sia stata considerata, da sempre, strumento coercitivo e di reazione, così come alla stregua di un’arma difensiva, ovvero d’attacco (nelle dinamiche più raffinate), è un dato di fatto. Altrettanto vero è che la dimensione dell’indifferenza medesima, nella sua più complessa definizione di specifica condotta morale, etica od anche strategica, attiene (e debba realizzarsi, semmai), solo all’interno delle relazioni personali e private, luoghi a ciò deputati o deputabili, salvo eccezioni di sorta.

Ordinariamente, il concetto di “Perequazione” si inscrive in ambito contabile/amministrativo, di fatto distante dalla sfera valoriale e delle relazioni umane. Più raramente, l’idea di “Perequazione”, si rende aggettivabile nel perimetro di una sua ulteriore dimensione plausibile: quella etica. Il percorso comunicazionale che renda ancorché possibile la sublimazione lessicale del termine “perequazione”, nel suo diretto passaggio da concetto contabile/amministrativo ad idea valoriale, presuppone la scansione di una serie di implicazioni di ordine morale, sociale e antropologico di non semplice declinazione, né tantomeno di comodo asservimento esistenziale. In altri termini, l’idea complessa (neppure il “concetto”, si badi…) di Perequazione etica, determina la necessità di imbattersi nella difficile determinazione di priorità e scelte, nel loro insieme di connotato prevalentemente morale, tali che, necessariamente, l’ambito della sua (Perequazione etica) relativa dialettica, individuale e/o condivisa, elevi in maniera esponenziale il rischio della deriva verso l’angoscia della paludosa consapevolezza “del sé”, anche in rapporto all’esistenza “dell’altro”.

E’ cosa nota che l’atteggiamento dell’ostentazione, di per sé, è sintomo di condizioni emotive configurabili nell’alveo dell’insicurezza, della fragilità, della superficialità od anche, in alcuni casi più complessi, di frustrazione ed interferenze relazionali.

E’ altrettanto cosa di dominio comune che il riconoscimento dell’autorevolezza della persona, per essere tale ed autentico, deve venire dal contesto prossemico e non essere riflesso di proprie ed autonome valutazioni del soggetto interessato.

Ora, al netto delle suesposte premesse di carattere generale, utile e funzionale esercizio relazione potrebbe essere quello di  fondere entrambi gli assunti, al fine di determinare l’ambito entro cui ciascuno ha modo di gestire positivamente le interazioni sociali e la dimensione del “dire, dare e ricevere” rispetto, appunto, agli “altri”.

Alcune circostanze, di per sé casuali, assumono valore indelebile e si connotano nel cosiddetto “bagaglio” che ciascuno, per tutta la sua vita, si porta appresso.

E’ il caso, ad esempio,  della nozione di “Società dei diritti”. Tale assunto, nella sua valenza più alta, si rappresenta quale concreto punto di forza che, in una prospettiva di “Civismo diffuso”, valorizza tout court la Persona e le sue riconosciute prerogative naturali, giuridiche e sociali.

Parlare di “Onda lunga” non è sempre uno slogan e neppure uno stereotipo comunicazionale: è, nella fattispecie, l’esito di modelli di riferimenti, evidentemente non del tutto corretti, né adeguati e funzionali, che hanno segnato, nell’ultimo ventennio, l’impianto delle agenzie formative e della comunicazione.