PARAFRASANDO QUA E LÀ

Spaccato di varia Umanità, interpretato nel segno del buon senso, della propositiva ironia, del fare "Pro", giammai del fare "Contro".

Per una serie di ragioni logistiche e di varia sostenibilità, purtroppo non sono in tanti quegli automobilisti e motociclisti da annoverare tra i “privilegiati”, che si trovano nelle condizioni di beneficiare di un proprio garage, ampio ed attrezzato o, almeno, adeguatamente ampio e attrezzato, che oltre ad essere idoneo ricovero dei propri mezzi, possa anche essere quel luogo dove avere modo di trascorrere felici e spensierate porzioni del proprio tempo libero, armeggiando  tra controlli dei liquidi, verifica della pressione degli pneumatici, ispezione del vano motore e sistemazione, con vari lavoretti che implichino l’utilizzo di quel kit di chiavi inglesi, cacciaviti, bombolette di liquido lubrificante e paste abrasive d’ogni specie, faticosamente collezionati a costo di risparmi, regalie, acquisti a modo di regalo a se stessi.

Il termine “appiccicaticcio”, generalmente, assume un’accezione negativa. E’ noto ai più. Altrettanto comune è l’idea che ciò che si annoveri quale “appiccicaticcio” assuma valenza di instabilità e di temporaneità, per poi cadere nell’oblio!

Quante volte, cari Voi, nessuno escluso, profittando delle assonanze della nostra Lingua, si tenta e si fa il “gioco delle tre carte”? E’ un gioco teoricamente geniale che, però, per paradosso, trascende e poi sprofonda nell’alveo del più infantile dilettantismo, traducendosi anche in approccio di per sé risibile ed insignificante.

A cosa mi stia riferendo, nel rapporto tra Rispetto/Dispetto/Assonanze della Lingua italiana/Genialita/Opposto della genialità, presto detto: è, per voi tutti, plausibile ascrivere ad una specie di “gioco delle tre carte” tutte quelle condotte della relazione che, dietro l’alibi (debole…) di chi invoca “Rispetto”, invece “conducono” al perseguimento del becero sentimento del “Dispetto”? Quanti e quali danni sono ad esso riconducibili, trasversalmente nel tempo che fu, che è e/o che sarà?

Di tanto in tanto è utile, ancorchè necessario, soffermarsi su dettagli e particolari che, apparentemente privi di senso, di fatto sono fondamentali!

Ne è autorevole esempio ciò che, annoverabile quale “Inconscia sublimazione”, si verifica quasi con sistematicità a fronte di valutazioni di merito su dinamiche e processi correlati al quotidiano/sociale di ciascuno. Trattasi, in buona sostanza, delle circostanze nelle quali, anziché stigmatizzare situazioni e/o dinamiche che sono causa e origine, si tende a decentrane la loro individuazione, trasponendo erroneamente la causa all’effetto.

Premetto che non tratteremo cose di Economia (quella…dei soldi), ma di Economia del “Saper essere”, disciplina per la quale, forse, non ci sono specifici trattati, né modelli di riferimento, bensì solo ed esclusivamente tratti di buon senso da individuare, definire, elaborare, adottare e testimoniare!

In tale contesto, quindi, si ingenera la problematica connessa alle inflazioni. Anche in questo caso, sebbene in analogia con le questioni monetarie, si tratta di inflazioni  della relazionalità e del buon modo di vivere i rapporti con se stessi e con gli altri.

“Sono così e basta”: bell’affermazione. E’ sintomo di forza, di linearità, di autoderminazione. Oppure no?

E’ un quesito di difficile soluzione. La definizione dei comportamenti in codici inamovibili non è un facile esercizio. E’, addirittura, assai difficoltoso: c’è  la Persona, ed il suo modo di essere. E’ certa, però, una cosa. E, cioè, che essere “tutto di un pezzo” non è mai una modalità vincente, anzi si traduce in una forte criticità relazionale, anche in considerazione delle realtà che, di per sé, non è rigida e neppure plastica; anzi, è tutt’altro!