LA TORPEDO BLU

Ritorna “La Torpedo Blu”, breve momento di piacevole revival di quei mezzi che hanno positivamente segnato una porzione del nostro vicino passato, rubrica che utilizza, per darsi un connotato, lo stesso titolo di una famosissima canzone del Maestro Gaber il cui valore, anche nel suo caso, il tempo non cancella!

 

 

Anni 80: tempo di Yuppi con pantaloni a tubo, giacca con spalline, camicia bianca e cravattino stretto, il tutto su scarpe di vernice talvolta decorate e con suole con grossi bordi sporgenti…. Manca qualcosa? Certo. Manca di ricordare l’auto che più gli si addiceva: la Volvo 240, diesel con aria condizionata, tettuccio apribile, 6 cilindri in linea, 2500 cc, colore pastello “rinnovato”, 4 marce con aggiunta di overdrive  (ovvero una quasi 5° marcia innestabile elettronicamente, a pulsante…).  E’ tutto.

E’ la Lei di quel tempo di disillusa felicità: il suo sound era travolgente, regolare, fluido, rassicurante, corposo, ridondante! Era quello lo standard di eccellenza, laddove i primi dispositivi di elettromeccanica più evoluta trovavano il loro debutto, sempre subordinato alla garanzia dell’impianto “meccanico” dei fondamentali, in un innesto di generoso metallo che ospitava elementi di plastica piuttosto ingentilita, mentre il suo motore super affidabile, da un milione di chilometri, percorreva in lungo ed in largo strade ed autostrade senza né tutor né autovelox, librandosi alle alte velocità con piacevoli piegature, leggermente sottosterzanti, tra serene e gratificati pause caffè che dissennatamente si consumavano nella successione degli Auto Grill e degli chalet, di momenti di gradevole ascolto dei CD (ancora per pochi), nonché di discussioni con chi si ci si accompagnava (la moglie, il figlio, l’amico, l’amante….). Lì, proprio lì, nel ben allestito piazzale dell’Autogrill o del Bar più ricercato, l’auto si lasciava, rigorosamente, in moto, chiusa con la “chiave di servizio”, per permettere che il climatizzatore, continuasse a pompare aria fredda d’estate oppure aria calda d’inverno, affinchè al suo riaccomodamento, lo Yuppi (o chi si sentiva tale), potesse godere, fino in fondo, dell’agiatezza dei tempi, a suon del sottofondo più bello che ci poteva essere: il drun drun drun del 6 cilindri!!! Bello. No?