Porgo il mio saluto agli assidui lettori di questa mia rubrica, fedelissimi del “Giornale più rosa che c’è…”, rubrica quasi sistematicamente presente nel tempo, luogo di divertissement e di ironia che accoglie riflessioni e ragionamenti del tipo “…qua e là…” e che si pregia d’esser sempre “acqua e sapone”!

Nell’immaginario fluire del chiaro e limpido miscuglio dell’acqua e sapone, appunto, si innesta, oggi, il ragionamento della costruzione concettuale del contrasto tra l’essere e l’apparire, tema che mi ritorna spesso alla mente e che si rappresenta nella sua fondamentale importanza soprattutto se “rilevato” nelle sue manifestazioni più comuni e più prossime per chiunque.

In tal senso, la relazione tra l’essere e l’apparire tesaurizza la sua essenza ideale attraverso un’analogia, che pur semplice che sia, ne individua i connotati essenziali: quella della relazione tra il mattone e l’intonaco. La solita “coscienza critica” mi griderà alle spalle la canonica domanda: Cosa c’entra il mattone e l’intonaco con l’essere e l’apparire?

E, puntuale, sopraggiunge la mia risposta: “C’entra, c’entra. Basta rifletterci!”. Infatti, se diamo al mattone la valenza della sostanzialità e della “parte di supporto con cui si costruisce un tutto” e all’intonaco la valenza di '“ciò che modifica, che camuffa, che copre talvolta come un trucco decorativo una parte sostanziale”, possiamo facilmente comprendere il nesso logico dell’analogia suddetta.
Ex ante si rende necessaria la struttura, la sostanzialità, la solidità (…il mattone); poi, il tutto si rappresenterà nelle sue anche (e, perché no!) migliorative modificazioni, per il tramite della prassi dell’in-tonaco, ovvero dell’azione per la quale … la cosa (sostanza) “indossi” una tunica, un abito, una… nuova veste…, fermo restando la solidità della cosa (sostanziale)! Tutto questo, a che pro? In effetti l’esempio del mattone e dell’intonaco è solo tale: il ragionamento si ingenera sulle “categorie” che essi rappresentano concettualmente e le assimilazioni conseguenti.

Se l’ “essere” per ciascuno rappresenta la propria entità, la propria dimensione, il singolo passato e la sua proiezione verso il “dopo”, portatori per come si è di identità e peculiarità, ed anche il “mostrarsi” connota un’estensione dell’essere medesimo, le dinamiche di sintesi delle due categorie si evolvono in maniera armonica, adeguandosi ai circuiti dello scambio che segnano e definiscono ogni società ed ogni rapporto di relazione.
Ma, se il “mostrarsi” si traduce in “apparire”, laddove l’apparire significhi solo “pare che sia in un certo modo, senza,però, esserlo…”, l’equilibrio sopra accennato immancabilmente si gretola e precipita, rappresentandosi, invece, in uno stucchevole e squallido ”esser di maniera” che impoverisce e mortifica!

Dunque più mattone “migliorato” dall’intonaco e meno intonato che non poggia, pur verticalmente, sul mattone? Più mattone che sostanzia le forme, modellate, e meno intonaco che non modelli alcun mattone, perché mattone non c’è?

Ognuno scelga “…la sua”, di appartenenza. Si può. Meno male!