Lo sconforto della solitudine, non solo un titolo: perché non pensare a fare retro front? Il fenomeno è ormai dilagante: i nostri ridenti paesi costieri e montani, gradatamente, si stanno svuotando. Lo stesso avviene per i Borghi ed i Centri Storici. La solitudine la fa da padrona in scenari che rischiano di diventare spettrali.

Le case, un tempo pullulanti di gente che vi abitava, di suoni, di voci, di rumori, di luci, di vitalità, oggi si rappresentano solo con un sinistro silenzio: non vi è quasi più nessuno… Gli agglomerati urbani dei nostri antichi Paesi e dei Centri Storici si stanno trasformando in ghetti, poco vissuti e ma male abitati e, sempre più, luoghi di disperati che lì sopravvivono con precari ripari, indecenti e non rispettosi delle dignità di cui ogni Uomo, per Diritto Naturale, è titolare!

Dopo l’emigrazione del bisogno che si è protratta fino agli anni cinquanta e sessanta avanzati, dagli anni ottanta è subentrata quella del benessere: tutti via, a studiare fuori senza ritorno, recandosi, alla ricerca spasmodica di un “altrove” che, peraltro, ha saputo accogliere e valorizzare i figli della nostra terra, talvolta meglio di come questa nostra terra abbia saputo o voluto fare.

Sicché, dopo l’ubriacatura dei fantastici anni ottanta che aveva illuso i più sul fatto che il nostro Paese/Italia avesse raggiunto le alte sfere del benessere e della modernità, l’avvento della crisi degli anni novanta, fino ad oggi, ha riattivato in maniera esponenziale il devastante fenomeno dell’emigrazione del bisogno.

Disoccupazione galoppante, degrado sociale e mancanza di prospettive di sviluppo mortificano soprattutto i più giovani che, anche se qualificati, non hanno prospettive per un concreto progetto di vita. E, così, molti vanno via, alla ricerca della “terra promessa”, anzi della terra che promette…un “normale” posto di lavoro, non di più! Soprattutto per tantissimi giovani che vanno via, si ingenera, così, lo scenario sopra descritto: paesi spettrali, case vuote, quartieri abbandonati,solitudine dei pochi che restano, degrado, incuria…

Questo è tanto: tutto vero e difficilmente irreversibile a meno che il miracolo di una svolta possa subentrare e cambiare le cose. Contestualmente, però, occorrerebbe uno sforzo da parte di tutti, soprattutto da parte di coloro che hanno la volontà di crederci un po’ di più: l’auspicio è che i giovani rimangano, si riapproprino delle vie dei quartieri in cui sono nati e nei quali sono cresciuti, rivivano attivamente e con passione i luoghi che la storia degli uomini ha raccontato e racconta, ad esempio, anche attraverso lo scorrere di un’antica fontana che lì, in quell’angolino di un nostro timpone o in quella nicchietta nascosta a ridosso di una viuzza interpoderale, parla di storie di uomini e donne che hanno vissuto prima di noi e dai quali discendiamo e ci siamo formati!

Rivalutiamo il nostro territorio. Conditio sine qua non: lavoro, lavoro, lavoro

Chi ha responsabilità di governo deve cambiare rotta! Agli altri, a costo zero: presidiamo i nostri luoghi scegliendo di tornarci, preferendo di vivere, meglio, in una casetta arroccata del nostro paese, ma con le nostre radici, anziché anonimamente, in una grande città, lontana dai nostri luoghi, che ci fa sentire soli, e riappropriamoci della piacevolezza delle “nostre cose”.

Un sogno che potrebbe tradursi, perché no, in realtà! Ma, quando?